The Outer Worlds. It’s not the best choice, it’s Spacer’s Choice!
E’ certamente “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” ma per gli autori di The Outer Worlds la salvezza esiste ed è nel senso dell’umorismo.
Hello good citizens of Earth! Vi ringraziamo per la fiducia e vi diamo il benvenuto sulla nave spaziale Hope con destinazione il sistema di Halcyon, la nuova frontiera per il genere umano. Ad Halcyon, troverete una nuova terra – ma che dico, due terre! – pronte ad accogliervi e donarvi i loro frutti mentre voi avrete l’onore – anzi il privilegio! – di poter la-vo-ra-re per la colonia! Prego, una firmetta qui, qui eee qui. Perfetto! Ora, prendete il vostro numero, accomodatevi nella capsula per l’ibernazione, e non preoccupatevi di nulla. Il viaggio? Durerà appena 10 anni. Tutto ovviamente organizzato dal nostro sponsor: Soluzioni Spaziali, che vi ricorda come la morte durante i viaggi ultra-luce sia categoricamente proibita dal regolamento aziendale. Cosa mai potrebbe andare storto?!
Obsidian Entertainment è una software house nata nel 2003 dalle ceneri di Black-Isle Studio (Baldur’s Gate, Icewind Dale, Fallout). La sua storia continuerà nel nome dello sviluppo di RPG e Action RPG (tra cui Neverwinter Nights 2, Fallout New Vegas, South Park: The Stick Of Truth) fino a incappare in problemi economici nel 2014 dai quali si salverà solo grazie al successo di un titolo totalmente autofinanziato con cui ritornava alle origini (Pillars Of Eternity). Tornata protagonista, realizzerà un altro paio di progetti, per poi venire acquistata da Microsoft a fine 2018, giusto prima dell’uscita di The Outer Worlds, titolo fortemente Obsidian, che sembra essere la somma di tutte le esperienze passate.
The Outer Worlds è un gioco di ruolo d’azione in prima persona e un riuscitissimo mash-up tra il sapore dei migliori RPG, una ambientazione alla Fallout, un’estetica da american dream distopico, dei personaggi alla Matt Groening, e un umorismo critico e contagioso.
C’è da fare una premessa: malgrado l’ottima distribuzione e marketing, questo non è un gioco ad alto budget. Lo dimostrano diverse soluzioni di game design e di ottimizzazione come l’uso di mappe “semi aperte”, la ripetizione di animazioni, oggetti e decorazioni, e la modellazione dei personaggi… Inoltre, la storia è relativamente breve. Detto questo, The Outer Worlds riesce ad usare i limiti a suo vantaggio, concentrandosi su una originale narrazione pulp fantascientifica, sui personaggi, i dialoghi e le scelte multiple, la grafica stravagante ed immediatamente riconoscibile, e l’art direction. La sensazione è quella di giocare ad un ibrido tra un curatissimo indie game, e uno Skyrim light nello spazio.
Anno 2355. 70 anni dopo il decollo, la Hope e il suo cargo di coloni in animazione sospesa sono – come volevasi dimostrare – alla deriva nello spazio profondo. Lo scienziato pazzo Phineas Welles riuscirà a localizzare la nave e ne risveglierà uno dei suoi addormentati abitanti da poter usare per i suoi scopi: voi.
Farete conoscenza di diversi personaggi che potrete assoldare nella vostra ciurma (…) insieme, formerete una squadra di avventurieri spaziali in perfetto stile Firefly
Dopo una dettagliata creazione personaggio, ancora confusi, sarete sparati con un pod di salvataggio sul pianeta Terra 2, obiettivo: farvi incontrare con Alex Hawthorne, un contrabbandiere amico di Welles. L’appuntamento non avverrà, visto che lo sfortunato contatto finirà spappolato proprio sotto alla vostra capsula in atterraggio. Vi troverete quindi a dover raggiungere la navicella dell’ex capitano Hawthorne, chiamata L’Inaffidabile, ripararla, e prenderne possesso come legittimo, nuovo, capitan Alex Hawthorne!
Da qui, sullo stesso tono scanzonato, partirete all’avventura… e non sarete soli! Durante le vostre peripezie spaziali, farete conoscenza di diversi personaggi che potrete assoldare nella vostra ciurma. Questi compagni, oltre ad avere ciascuno delle abilità differenti, saranno tutti molto stravaganti e ve ne affezionerete subito. Insieme, formerete presto una squadra di avventurieri spaziali da commedia TV in perfetto stile Firefly (la serie TV cult di Joss Whedon).
E la commedia verrà messa in scena in un universo altrettanto sopra le righe, in cui tutto gira attorno alla retorica della propaganda in chiave capitalista anni 50, permeata da un onnipresente senso dell’umorismo paradossale. I “mondi esterni” sono mondi dominati da un parossistico (e parodico) sistema di corporations, che ammorba ogni sfera della vita umana come un infinito supermarket. Ogni abitante di Halcyon è, di fatto, una caricatura di sé stesso che vive la decadenza di un sistema cinico e spersonalizzante, mentre ripete slogan come un triste rappresentanti di aspirapolvere porta a porta, dietro l’inquietante sorriso disegnato del suo costume.
Pubblicità americane anni 50, boom economico, catene di montaggio di scatolette, famiglie dal sorriso perfetto in economiche villette residenziali con frigorifero, tagliaerba e automobile. Il tutto sporcato da polvere della frontiera, e acido di batterie esauste.
E’ certamente “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” (Mark Fisher) ma per gli autori di The Outer Worlds la salvezza esiste ed è nel senso dell’umorismo. The Outer Worlds è Futurama, in prima persona! Al contrario di quello che siamo abituati a vedere in titoli che “prendono il futuro seriamente” (Syndicate, Blade Runner, Bioshock, ma anche probabilmente il prossimo ed attesissimo Cyberpunk 2077) le corporations che comandano questo universo sono sgangherate e grottesche. Vi troverete a ridere di loro mentre ne imparerete le assurde burocrazie in stile Comma 22, le loro strutture di comando, o a canticchiarne i motivetti come il più celebre: “It’s not the best choice, it’s Spacer’s Choice.”
Per rendere vivo e credibile quest’universo, The Outer Worlds fa uso di una Art Direction ispirata e ricca di references. L’immaginario è un futuro vintage nato delle pubblicità americane anni 50, fatto da boom economico, catene di montaggio di scatolette, famiglie dal sorriso perfetto in economiche villette residenziali con frigorifero, tagliaerba e automobile. Il tutto sporcato da polvere della frontiera, e acido di batterie esauste.
Una critica va, inaspettatamente, ad un sistema di assegnazione punti abilità poco gratificante. Le skills del nostro personaggio, in The Outer Worlds, sono subordinate a delle macro-categorie. Quando avanzeremo di livello, avremo 10 punti da distribuire tra le macro-categorie; ogni punto assegnato, aumenterà di conseguenza di 1 tutte le skills ivi contenute (raggiunti i 50 punti su una singola abilità le cose cambiano leggermente ma tant’è). Ci sono poi dei perks da sbloccare che aggiungono o migliorano le nostre caratteristiche, quasi come in Fallout. Sembrerebbe un sistema comune e sicuro ma, forse per un errato bilanciamento, si avverte poco l’evoluzione e la specializzazione del personaggio.
Ancora una nota sul bilanciamento: troverete fin troppe munizioni, e piccoli oggettini che non userete mai… Le armi sono abbastanza varie ma paiono troppo potenti per il gioco normale, mentre a difficoltà supernova saranno invece le dinamiche di combattimento a risultare grossolane.
In generale, il sistema di gioco segue un andamento tutt’altro che rivoluzionario, ma solido e rassicurante. Tutto sembra un po’ old-school tra intelligenza artificiale basilare, missioni segnalate da waypoint su mappa e su interfaccia, azioni un po’ legnose… Le musiche e l’ambientazione sonora, infine, non hanno lasciato il segno nei nostri cuori. Di contro, ogni dialogo è stato perfettamente doppiato e interpretato. Diverse possibilità di comporre la vostra ciurma e i diversi finali rendono comunque questo GDR valido e vario, anche da rigiocare. Provatelo.