Ghost Of Tsushima e la supercazzola

L’ultima esclusiva Playstation (come altri giochi del 2020) è stata costretta a uscire in ritardo a causa della pandemia di coronavirus. Tale riprogrammazione ha finito per spingere l’avventura open-world a tema samurai fino a ridosso all’imminente uscita della Playstation 5, quasi assegnandogli l’obbligo morale di chiudere in bellezza la generazione corrente di console. A questo già arduo compito si aggiunge poi la sfortuna di uscire immediatamente dopo The Last Of Us Part 2, capolavoro che ha rivoluzionato gli standard di qualità dei videogiochi ad alto budget. Riuscirà il fantasma di Tsushima a non deludere?

Qui la nostra video recensione!

Ghost Of Tsushima ha un enorme pregio: la sua ambientazione. Sucker Punch ha creato il suo action-adventure game ispirandosi al giappone medievale, ricreandone usi, costumi, natura, suoni (persino i canti degli uccelli sono frutto di una precisa ricerca) in una vibrante rappresentazione sensoriale dello spirito, cultura e filosofia nipponica. Per difendere questo mondo “perfetto” dall’invasione nemica, il protagonista, Jin Sakai, tra gli unici sopravvissuti alla cruenta battaglia di inizio gioco, sarà costretto a venire a patti con la realtà fino a mettere in discussione il suo codice d’onore…

Jin Sakai si allena con suo zio in uno dei suoi flashback.

Il gioco si apre al 2 Novembre 1274 quando l’isola di Tsushima, avamposto dell’arcipelago giapponese nello stretto di Korea, fu invasa. La Storia narra di 80 samurai che fronteggiarono le immense armate mongole ma l’assalto, in verità, terminò a causa di un tifone che disperse la flotta nemica e quindi senza nessuna vera invasione. L’esercito mongolo ci riprovò nel 1281 ma anche in quella occasione, questa volta alle porte della baia di Hakata, furono i forti venti ad annientare i soldati del Khan. Ghost Of Tsushima si prende quindi qualche libertà storica, immaginando un’isola interamente occupata. La casata Sakai è pure inventata e gli stessi samurai del XIII secolo erano ben diversi da quelli rappresentati in gioco, ispirati invece all’immagine più diffusa e romantica dei guerrieri del XVI e XVII secolo. Non siamo quindi in presenza del realismo a tutti i costi di Kingdom Come: Deliverance bensì ad un’opera di fiction, ambientata in un passato alternativo e soprattutto un omaggio all’immaginario cinematografico samurai diffuso coi film di Akira Kurosawa. Nessun problema, anzi, ma è bene saperlo da subito. Sucker Punch vuole farci vivere il Giappone medievale ma anche, e soprattutto, il suo mito e per farlo perte da una base storica che arricchirà con elementi di leggenda e magia (spiritualità? animismo?), fino a trascendere nel fantasy. Il risultato è, come abbiamo detto, estremamente ben riuscito!

In omaggio al grande cineasta, Ghost Of Tsushima permette di abilitare la “modalità Kurosawa” che virerà i colori al bianco e nero ed ovatterà i suoni emulando la pellicola.

Se i tifoni furono il vero motivo della vittoria giapponese sui mongoli, la “tempesta in arrivo” con la sua furia implacabile ha molta importanza anche per Jin Sakai, che simbolizza il vento stesso, mentre avanza verso Nord per liberare l’isola dall’invasore. Il vento, rappresenta anche lo spirito stesso dell’isola, e fungerà da guida nella geniale intuizione di evocarlo (con uno swipe sul pad del controller) per farsi indicare la direzione da seguire verso i punti di interesse sulla mappa.

Sul lato del gameplay, Ghost Of Tsushima non si differenzia da quello delle classiche avventure open-world, condito da qualche citazione e piccoli colpi di genio qua e la. La mappa, vasta, e ricca di punti di interessi da esplorare nella sua morfologica varietà, ricorda nelle intenzioni la giocabilità di quella di Zelda, Breath Of The Wild. Gli stessi sviluppatori hanno dichiarato più volte di essersi ispirati al titolo Nintendo e questo non poteva che portare buoni frutti anche se, in realtà, Ghost of Tsushima non raggiunge mai quella sensazione di libertà e meraviglia per la scoperta, propria di Zelda. Altre similitudini tra i titoli si notano nella palette cromatica, nell’uso della telecamera, la gestione della mappa, gli incontri con le volpi (kitsune korogu?), così come nelle armature che uniscono estetica e funzionalità, modificando i punteggi delle abilità a seconda di cosa decidiamo di indossare.

Il gioco possiede una interfaccia contemporanea, minimale e ricca allo stesso tempo. I comandi sono abbastanza intuitivi e rapidi. Dettagliato pure il sistema di evoluzione e personalizzazione del nostro samurai, con diverse abilità sbloccabili, anche se non si tratta di una personalizzazione a livello di un gioco di ruolo. La musica invece non è degna di nota alcuna… poco ispirata, segue didascalica il gioco, accennando ogni tanto un motivo di flauto che, nelle sue 5 note iniziali, continuava a ricordarci il tema di Guerre Stellari… mah.

Le ispirazioni da Zelda, Breath Of The Wild sono evidenti, e molto gradite.

Anche il sistema di combattimento, di base un Hack and Slash, merita attenzione. Nella lotta, malgrado l’apparente caos (dovuto soprattutto all’assenza di un sistema di puntamento e ad una telecamera automatica) gli avversari attaccano seguendo uno strano sistema a turni. Questi “turni”, dapprima invisibili al giocatore poiché mai dichiarati dal gioco, inizieranno pian piano a rivelarsi, e scandire il ritmo di ogni scontro. Jin è un samurai, e un samurai affronta ogni nemico singolarmente, frontalmente, con onore. Quando riusciremo a comprendere questo sistema ed inizieremo ad assecondarlo coi comandi del controller, la battaglia acquisterà improvvisamente un suo ordine ed i nostri movimenti sembreranno quasi una danza. Parata, contrattacco, schivata, cambio di tecnica, affondo… Le possibilità di attacco e difesa sono molte e si sbloccano attraverso punti esperienza e missioni secondarie. Padroneggiare i comandi non sarà facile, ma sarà grande la soddisfazione quando riuscirete a collegare più attacchi in serie ed uscire indenne da un combattimento, circondati dai cadaveri sanguinolenti dei vostri nemici. Sfortunatamente, i combattimenti in spazi angusti tornano ad essere problematici e piuttosto brutti da vedere…

Più corvi! Più vento! La modalità “foto” permette di creare immagini altamente spettacolari, abusando degli effetti particellari. Esattamente come fa il gioco vero. Ops…

La ricchezza nei comandi acquisterà una dimensione ulteriore nei duelli alla katana. Classici elementi degli spaghetti-western di Sergio Leone, ma ispirati originariamente proprio dai film di Akira Kurosawa, i duelli avranno luogo in “arene”, in una dimensione separata dal normale svolgimento del gioco. Fronteggiando 1 VS 1 il nostro avversario, la sfida avverrà in forma simile ad un round di picchiaduro dove le mosse conosciute, le combo, e l’abilità al controller, saranno fondamentali per la vittoria. Meno interessanti le sezioni stealth, caratterizzate da movimenti poco realistici, una interazione goffa tra personaggio ed elementi del mondo che lo circonda, una linea di azione quasi sempre “scriptata” a priori, ed una bassa intelligenza artificiale nemica.

Dettaglio sulla nostra Katana il momento prima di un duello. Il gioco taglia poi la scena in modo grossolano, interrompendo bruscamente tutto il pathos che era riuscito a creare…

E purtroppo, Ghost Of Tsushima non è un titolo pulito. Fin dalla primissima scena iniziale ed i successivi primi passi nell’open-world dell’isola di Tsushima, si avverte che qualcosa non gira come dovrebbe. Questo gioco ha in verità moltissimi problemi che sarebbe ingiusto elencare per finire col mettere in ombra i pochi ma significativi pregi. Se volessimo però evidenziare il suo maggior difetto, questo si riassumerebbe sicuramente nella pessima gestione del “tempismo di gioco” causata da una pessima regia delle sequenze narrative, da transizioni grossolane, da una gestione caotica degli incontri casuali, da ingiustificati cambi di meteo e orario del giorno, e molte altre sbavature. Tutto questo rompe continuamente la diegesi (il flow dell’opera) impedendo al gioco di scorrere liscio e coinvolgente. Purtroppo, malgrado il vento, Ghost Of Tsushima fatica a prendere il volo, ricordandoci continuamente che siamo ancorati ad uno script e ad una struttura di gioco un po’ clunky.

La storia ed i personaggi di Ghost Of Tsushima restano comunque interessanti e coinvolgenti nonostante la pessima regia.

La grafica curata, ma non ottima, è un altro brutto colpo per chi (come noi) riponeva molte aspettative in questo gioco di fine generazione. Brutti i modelli dei personaggi secondari, ma anche i dettagli dei principali (le mani). Pochissime animazioni e mosse ripetitive anche nei combattimenti con mai una volta che voli qualche braccio, una gamba, una testa… Stiamo pur sempre combattendo con una katana! I nemici si ripetono tutti uguali come fossero orchi in Shadow Of Mordor (2014) e i nostri movimenti tra una mossa e l’altra perderanno spesso di continuità “saltando” da una animazione all’altra con scatti onestamente imperdonabili nel 2020 (e soprattutto dopo aver visto le animazioni in The Last Of Us Part 2).

Molti modelli di personaggi fanno schifo, così come le loro animazioni. Alcuni sembrano usciti da giochi vecchi di 10 anni, come Skyrim (2011).
Altri deludenti, modelli di nemici. Tutti uguali.

Ma allora le foglie? Il vento nell’erba? Gli spettacolari effetti ambientali visti nelle foto e nei video? Ecco, quello… chiamiamolo “effetto wow”. Ghost Of Tsushima ha usato in modo molto furbo la sua art direction per ottenere un look unico, da “effetto wow”, fatto di colori accesi, mentre migliaia di foglie (o fiori di ciliegio, polline, cenere, ecc…) turbinano al vento, ricreando una atmosfera magica, epica, e sicuramente molto “giapponese”. Ma se vi fermate al centro di un paese o un tempio (nella natura si nota meno) e compierete lo sforzo di immaginazione di eliminare tutto il fogliame particellare e la potentissima, coloratissima luce ambientale vi renderete conto di come quello che rimane sia molto deludente. Tutto, dalle texture, alle ombre, alla occlusione ambientale, i modelli 3D, le animazioni, la “vita” nel mondo di gioco, sembra appartenere a un gioco vecchio. Gli stessi colori marroncini delle texture ricordano giochi di un’altra generazione ma soprattutto siamo lontani dalla cura con cui i recenti open-world (Red Dead Redempion 2) cercano di trattare il mondo che ci circonda.

A questo proposito, le immagini della nostra recensione sono state scattate usando la “modalità foto” del gioco (divertentissima). Abbiamo usato due approcci differenti: il primo, regolando gli effetti speciali a piacimento e con la telecamera ben lontana dal soggetto, per ottenere il risultato migliore; il secondo, avvicinandoci e lasciando il gioco nudo e crudo, in pausa. Le differenze sono evidenti… Tra l’altro, ma è normale, nella “modalità foto” le luci e le textures miglioreranno. “Supercazzola” in giapponese non esiste ma forse fa rima con Tsushima?

Tolte le supercazzole particellari e i colorati effetti di luce, restano delle brutte texture e dei modelli separati da un mondo di gioco deludente. Peccato.

E come se non bastasse, il gioco esce infestato da bug, e anche belli grossi. È vero che ormai i giochi “li fanno testare ai player” ma questo non doveva accadere in un gioco che si accompagna di tutta l’esperienza della generazione Playstation 4, e che ha avuto tutto il tempo per essere rifinito a regola d’arte. In Ghost Of Tsushima abbiamo accusato bug di gravissima entità che sono stati capaci di rompere totalmente il gioco, fino a costringerci addirittura al riavvio dell’intera avventura (la testimonianza nel nostro video qui sotto). Certamente, questi grossolani errori verranno “fixati”, ma un giudizio, oggi, non può non tenere conto di problemi tecnici ingiustificabili in un titolo di punta che portava con sé moltissime aspettative. P.S. ci ricorda quello che è avvenuto con Days Gone (2019).

Per concludere. Ghost Of Tsushima è un gioco okay. Un po’ Far Cry, un po’ Assassin Creed. Un open-world classico, lungo, con dei bei momenti di esplorazione, combattimento, storia, personaggi ben caratterizzati da giocare obbligatoriamente con voci giapponesi… ma anche momenti di estremo disagio. Certamente l’opera Sucker Punch non rivoluziona, e non rende giustizia alla generazione di console che sta chiudendo, e dire che poteva forse riuscirci se si fosse dedicata con più attenzione al prodotto finale, invece di cercare di nascondere tutto sotto il tappeto della sua (comunque bellissima) direzione artistica. A parte i macroscopici errori di gameplay, forse è la meccanica stessa degli open-world che deve essere ripensata alla radice? Speriamo che Cyberpunk 2077 riesca a farlo. Nell’attesa, potete sempre giocare a Zelda, Breath Of The Wild.

Punteggio finale

Storyline and Characters - 7.8
Graphic and Art Direction - 7
Music and Sound Design - 6.5
Gameplay and Game Design - 6.1
Longevity and Variety - 7.5

7

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The Casual Gamer

Data stellare Marzo 2020. A causa di un virus alieno diffuso sull’intero pianeta, raggiunto lo stato di illuminazione durante la lunga quarantena in criomeditazione, nasce The Casual Gamer: ennesimo blog di recensioni di videogiochi.

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